la terapia è un viaggio alla scoperta di sé” dice Lowenio direi che è IL viaggio: lo spazio vitale e vivificante di incontro con i nostri pezzi, il nostro dolore, la nostra rabbia, il nostro bisogno di costruire e trovare lo spazio nel mondo, il nostro diritto di essere e di cercare la felicità.

Può suonare altisonante..ma c’è bisogno di parlare a voce alta di quanto può essere importante e bello prendersi questo spazio, anche per contrastare le vecchie, ma ancora vive, idee che la terapia sia “per i pazzi”, o per “i malati”: antiche concezioni che spesso impediscono di chiedere aiuto e di concederci uno spazio per noi.

Mi piace vedere la terapia come un incontro, in primis con un’altra persona, ma soprattutto con se stessi, un incontro che accoglie le parti più doloranti, più inaccettabili di noi per integrarle, per costruire il luogo del loro stare insieme, nel corpo e nella mente;

un incontro che non ripara nel senso di aggiustare, ma in quello di integrare, mettere insieme, dando valore ad ogni parte, al pieno e al vuoto: come insegnano i giapponesi con il Kintsugi.

Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro.  

Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello.

Questa tecnica è chiamata Kintsugi.